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Gli stabilimenti balneari italiani chiudono brevemente gli ombrelloni per protestare contro i tanto attesi piani di liberalizzazione

ROMA (AP) – Gli stabilimenti balneari italiani hanno organizzato uno sciopero simbolico di due ore venerdì mattina presto per fare pressione sul governo affinché non recepisse una direttiva dell'Unione Europea vecchia di decenni per consentire una maggiore concorrenza nel settore, che è stato a lungo simbolo del fallimento dell'Italia Nella riforma dell'economia.

Secondo i revisori dei conti del governo, le 6.500 concessioni balneari italiane generano circa 1,4 miliardi di euro (1,5 miliardi di dollari) di entrate annuali e pagano solo 120 milioni di euro in canoni per gestire le proprie attività lungo le spiagge pubbliche italiane.

La proprietà delle spiagge, che solitamente comprendono bar o ristorante e spogliatoi, ombrelloni e sdraio, si tramanda di generazione in generazione. I proprietari di spiagge lamentano che potrebbero perdere i loro investimenti a causa della procedura di gara, mentre i concorrenti lamentano che viene loro impedito di entrare nel settore redditizio.

Maurizio Pasqualoni è la terza generazione della sua famiglia a gestire La Congiglia a Ostia, vicino Roma.

“Non abbiamo certezze sul futuro – ha detto Pasqualoni – I governi precedenti sono riusciti a calmare questa situazione e ora purtroppo non possiamo più rinviare, a stagione finita non sappiamo cosa fare”.

Questo settore è stato liberalizzato con una direttiva UE nel 2006, ma i governi italiani finora hanno evitato di attuare questa direttiva. Il tribunale ha emesso una sentenza che estende le licenze fino alla fine di quest'anno e il governo del primo ministro Giorgia Meloni sta subendo pressioni per risolvere la questione.

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